Il barbiere di Chioggia I°

 

Al C.A.R. (Centro Addestramento Reclute) di Arezzo sede dell’84° Reggimento di Fanteria, un migliaio di legittime speranze di un futuro migliore marciavano in tondo agli ordini di consolidati rappresentanti del passato peggiore.

 

Lí imparavi cose indispensabili come segnare il passo, distinguere un caporalmaggiore da un nostromo e a salutare militarmente con e perfino senza il cappello.

Soprattutto, sempre nell'ottica di un'esperienza di vita, avevi un assaggio diretto di quell'associazione di qualunquismo, ignoranza e strafottenza che di solito imbottisce un'uniforme.

 

Avevo tre amici: Antonio, Mario e il Bepi.

Molto diversi l'uno dall'altro, avevano una cosa in comune: ognuno di loro aveva portato con sé da casa un oggetto caro. Io invece non avevo portato niente che mi legasse alla mia vita in borghese.

Avevo voluto abbandonare tutto, deluso da una diciassettenne che mi aveva mollato per indiscutibili motivi.

In sostanza aveva trovato uno con una macchina piú grossa della mia, cosa che non era poi cosí difficile dato che io ero titolare di una 500 di seconda mano, senza i sedili ribaltabili e in arretrato con le rate.

Lei era originaria guarda caso proprio di Arezzo; e il destino mi aveva mandato proprio lí. Un altro piccolo segno di un destino perverso.

Io mi dico sempre che certe cose non succedono per caso; quello che non ho mai capito é perché debbano succedere e chi é che maneggia il tutto. Ma ci sto lavorando.

La madre di lei che aspirava come genero a qualche principe (azzurro o no purché facesse pendant con la macchina) aveva sottosotto messo sempre i bastoni tra le ruote fino a riuscire a collassare la nostra acerba relazione. Ricordo che prima di partire, incontrata per caso e saputa la mia destinazione, ebbe la squisitezza di dirmi “Quest’estate siamo lí in vacanza, venga a trovarci...”. Feci una riflessione poco elegante sulle madri delle figlie di puttana.

 

Come il primo amore, anche gli amici del militare non si scordano mai.

Antonio aveva portato la chitarra, grande passatempo di grigie autunnali domeniche pomeriggio, De André e Battisti soprattutto, ma anche i Beatles e Bob Dylan. Che tempi!

Con Antonio, anche lui di Milano, avevamo scoperto imprevedibili conoscenze comuni e incredibili coincidenze.

 

Il mio recapito era Caserma Garibaldi, 19° Brigata, 84° Reggimento Fanteria, 3º battaglione, 4° plotone, 12a squadra, terza camerata a destra, quarto letto a castello a sinistra, branda al piano di sotto.

Al piano di sopra, Mario il pugile, conservava gelosamente una antologia delle scuole medie. Gli avevo lasciato volentieri la sistemazione superiore, io preferivo dormire sotto, non sopportavo la luce per quanto attenuata che veniva lasciata accesa nelle camerate durante la notte.

 

Lui alla sera semisdraiato faceva passare le pagine masticando un lapis e scopiazzando versi per poesie che mandava alla Marisa, la sua fidanzata che stava a Prignano sulla Secchia.

Io di fidanzate a quel tempo ne avevo due, Nancy e l’Angelamaria ma non scrivevo né telefonavo, la mia testa era sempre lá all’aretina trapiantata a Milano che studiava da maestra e aveva la mamma stronza.

A Mario mi ero offerto di dargli una mano competente per le poesie e nel suo pragmatismo contadino, o pugilistico dove l’importante é andare dritto al bersaglio, aveva accettato di buon grado e con questo eravamo diventati amici, anche perché la Marisa, ignara della combine, sembrava gradire il mio lavoro di Prevert in grigioverde.

 

Nella branda accanto alla mia c’era Bepi, Giuseppe Zanello, di Chioggia, capelli crespi e orecchie a sventola, professione: barbiere. Aveva con sé quello che definiva il suo oggetto piú prezioso: un rasoio, naturalmente affilatissimo, con il manico di madreperla.

Lo teneva in una custodia di legno avvolto in un panno di velluto blu. Ogni tanto la apriva e se lo contemplava. Per sbarbarsi usava le lamette.

“Questo é il rasoio piú tagliente del mondo” commentava enfatico.

“Dai Bepi, una volta fammi la barba, non mi sono mai fatto radere dal barbiere, vorrei scoprire che sensazione si prova”

“Eh no, questa é roba per signori caro mio, non va bene per i militari”

“Allora quando finirá questa naja verró a Chioggia apposta per farmi fare la barba”

“Il signore sará servito”

Dal piano di sopra: “Ehhh, abbiamo qui il barbiere di Siviglia...”

“Taci tu, poeta suonato!”

 

 

 

                                                                                                        (continua)