Messa da requiem

aprile 2010

 

 

Settimana di passione per padre Miguel, parroco di Barra do Cunhaú.

 

La messa, nella piccola comunitá, é sempre un avvenimento celebrato con una certa pompa.

Praticamente é sempre messa cantata, dura un'ora e mezza, con molti canti e, all'esterno, assordanti fuochi d'artificio che seguono i momenti principali della cerimonia, alla fine applausi finali che accompagnano le acclamazioni del celebrante: "Viva Nossa Senhora, viva Jesus Cristo!"

 

C'é la ex "fidanzata" di Marquinho, fratello della Veronica, che, forse per collezionare indulgenze per i suoi peccati prematrimoniali, é entrata nel coro, seguita anche dalla madre che ha pensato bene di dare una mano alla figlia dato che l'impresa non é da poco.

Marlene se l'é fatta con Marquinho fino alla sera prima del matrimonio.

Lui, quello che adesso é suo marito, é di Recife, e si é trasferito qui dopo sposato.

E' arrivato a Barra il giorno precedente la cerimonia, si è presentato a casa della sposa ma é stato respinto dalla madre perché vedere la noiva il giorno prima delle nozze, lei ha detto, porta male, e in effetti se Jurandir, mi sembra si chiami cosí, l'avesse vista (era a letto con Marquinho) credo non si sarebbe sentito troppo bene.

 

Ora, padre Miguel dovrebbe essere un po' piú prudente nell'aprire l'accesso al coro parrocchiale a cani e porci perché il lupo perde il pelo eccetera, difatti Marlene ha cominciato subito a fare controcanto con quello delle tastiere il quale non é niente di che, ma si vocifera che in materia di organo abbia pochi rivali.

Si dà inoltre il caso che la ragazza leader guitar della banda abbia un datato dipresso con il sopracitato musico e qui purtroppo quando la gelosia accende la sua furia, non distingue il sacro dal profano.


Fatto sta che durante la messa, domenica scorsa, al primo inno, non so se é stato uno sguardo, un contrappunto o cosa, ma la chitarrista titolare ha mollato lo strumento e si é avventata sulla presunta rivale; la madre naturalmente si é intromessa con una presa di lotta greco-romana sull'antagonista della figlia.

In breve la baruffa ha coinvolto tutta l'orchestra (chitarra solista, basso, batteria, pianola e tamburello) da una parte, tre vocalists e due chierichetti dall'altra.

Padre Miguel ha avuto il suo bel daffare per separare i contendenti e acquietare gli animi; poi, spettinato e con la stola per traverso, ha ripreso la celebrazione ma comprensibilmente i fedeli avevano ormai perso il canonico sacro raccoglimento.

 

Giá questo farebbe cadere le braccia al Cristo Redentore sul Corcovado ma, come si dice, se la fortuna é cieca la sfiga ci vede benissimo e quando comincia ad imperversare tutto va storto.

 

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La relazione dei fatti é di prima mano, della Valeria, sorella della Veronica, che stava assistendo alla messa del settimo giorno, in suffragio di un defunto.

Quando qualcuno muore viene come dappertutto celebrata la cerimonia funebre che precede la sepoltura.

E' tradizione di qui poi far dire una messa dopo una settimana, un'altra dopo un  mese e poi generalmente una volta all'anno nell'anniversario della morte.

Bene, con una corale ridotta per via dei cartellini rossi distribuiti dal parroco per le intemperanze di qualche giorno prima, la messa ha inizio senza problemi. L'ingresso, il kyrie, il gloria, il vangelo e quindi l'omelia.

Al termine della predica é previsto un inno e contestualmente uno scoppio di petardi, che naturalmente avviene sul sagrato, gestito dall'uomo dei fogos che con il mozzicone della sigaretta accende la miccia dei botti.

 

Allora, ci sono certe cose che si giocano nell'ordine delle frazioni di secondo. Nessuno sa, tranne il sacerdote, in che momento terminerá l'omelia.

Si puó presumere piú o meno, dato che non dura mai piú di mezz'ora, ma il momento esatto in cui viene pronunciata l'ultima parola é assolutamente imprevedibile.

I musicisti attendono con una certa attenzione perché subito dopo deve partire l'inno, il tizio dei petardi sbircia dal portone con la cicca tra le labbra, i fedeli stanno preparati a levarsi in piedi.

Non é la partenza dei cento metri ma i tempi di reazione non sono molto lontani.

Va da sé che, tra l'ultima parola del prete che si allontana dal microfono avviandosi verso l'altare e tutto quello che nell'ordine delle cose deve succedere poi, c'é un lag variabile dai 70 ai 90 centesimi di secondo di silenzio assoluto.

In quel breve intervallo di tempo non una voce, non uno scalpiccío, nulla.

 

E qui veramente non si puó non dire che il diavolo non ci abbia messo la coda.

 

In quella frazione spazio-temporale in cui anche il pensiero rimane sospeso nella transizione dei gesti e degli accadimenti, potente, verso il fondo della chiesa, rimbomba una scoreggia come poche.

L'acustica del tempio moltiplica l'eco rimbalzando e sparpagliando le onde sonore tra l'indifferenza delle statue dei santi e le figure della via crucis.

Le ultime tre file schizzano fuori sul sagrato ingolfati dal gran ridere, gli altri si guardano l'un l'altro rinforzando un'espressione a mezzavia tra l'indignazione e il candore.

 

Valeria dice che il prete si è girato sconsolato con l'espressione di chi sta pensando: "Ma perchè non mi trovo una moglie, vado a stare a casa della suocera, faccio quattro o cinque figli come fanno tutti, e vivo felice?".

 

In un paese dove non succede mai nulla anche un peto può diventare un avvenimento meritevole di commenti e discussioni.

Rimane un mistero: l'autore del botto fuori tempo; varie le ipotesi ma nessuna concreta.

Alla fine, in questo ambiente ricco di superstizioni, qualcuno ha anche ipotizzato: se non é stato nessuno dei presenti, non sará stata per caso l'anima del morto?

 

Chissá. A volte ritornano...