Quando si dice noir

maggio 2007

 

 

Qui tutto ok, sto organizzando l'arrivo delle mie cose spedite via mare. Il container arriva a Recife, qualche centinaio di chilometri da qui; devo prendere contatti con uno sdoganatore, prevedere un mezzo che trasporti il tutto a Barra do Cunhaù e facchini che facciano il trasbordo di casse e scatoloni (sono 160). Ancora un ringraziamento agli amici che mi hanno aiutato alla partenza in questo lavoro di manovalanza, che mai avrei potuto fare da solo, anche per un trauma, che ancora mi trascino, causato da una caduta da una scala. O meglio, è caduta la scala e io ci stavo sopra.

Avevo appoggiato la scala al tetto perchè volevo controllare la cassa dell'acqua.

Qui tutte le case hanno una cisterna sul tetto per ovviare alle frequenti mancanze d'acqua. La scala è scivolata di lato e io allora, con l'agilità di un gatto di ottanta chili, sono saltato giù... (flashback)

 

...mi ricordo che che molti anni fa, in vacanza, negli ultimi momenti dell'ultima lezione di un corso di vela, inseguiti da un incipiente uragano, stavamo guadagnando la terra a vele spiegate. L'istruttore aveva distribuito all'equipaggio i compiti per l'approdo. Io, dopo che lui avesse fatto una virata stretta per girare la barca parallela alla riva, dovevo tenere bloccato il boma che è quel pesante palo orizzontale che, per gravità, mantiene tesa la vela principale.

Tutto funzionò a orologeria.

Giungemmo alla massima velocità alla riva, l'istruttore, al timone, gridò:

   Vira!

Tutti scattarono nell'adempimento del prorio dovere. La barca girò di novanta gradi come uno sciatore all'arrivo e si allineò rollando a tre metri dalla banchina.

Il fiocco allascato, le sagole pronte ad essere lanciate mentre la pressione del vento sulla randa  scarrocciava, come previsto, la barca verso banchina.

Io, dietro il pozzetto di poppa, eretto come la statua di un eroe greco, tenevo saldo il boma.

Furono secondo lunghissimi. Tanto lunghi che mi parve che ormai fosse tutto finito.

Presso il bordo, in piedi, stava una ragazza biondina a cui l'istruttore aveva detto:  “Tu è meglio che non fai niente, per cui mettiti lì e non fare niente”.

 

Lasciai il boma. Una raffica rabbiosa di vento gonfiò la randa. Il boma schizzò via di lato con tutta la sua forza devastante. Colpì la ragazza alla guancia; lei era lì che stava diligentemente non facendo niente con lo sguardo incantato verso prua. Volò in mare.

La raccolsero che ancora respirava...

Ma era anche l'ultimo giorno di vacanza, all'entrata del club molto escusivo in cui era alloggiata non mi permisero di contattarla così non ci fu tempo e modo di avere notizie.

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Cinque anni dopo. Canazei.

Mi giro, ci guardiamo,

  ...ma tu non sei...

ma che piacere, un grande abbraccio biondo.

  Ti presento mio marito –.  Un tipo dall'aria proterva e lo sguardo che sembra dire: "Ma che cazzo ci fai qui?".

Lei invece sorride. Le mancano tutti i denti da una parte.

Vorrei defilarmi in fretta ma siamo sulla funivia.

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...da quella volta del boma, ogni volta che la situazione è critica e stringo in mano qualcosa, inconsciamente mi irrigidisco e non mollo la presa.

Così, io da una parte e la scala e il braccio dall'altra, con il risultato di un un doloroso strappo alla spalla.

Sono andato alla mutua a Vila Flor.

Non c'è più la dottoressa carina. Adesso ce n'è una con l'aria proterva e lo sguardo che sembra dire che cazzo ci fai qui.

Ho provato a fare amicizia. Le ho chiesto se le piace la vela.

  Troppo pericoloso!  ha tagliato corto, con un sorriso sprezzante.

Le mancano tutti i denti da una parte.